Estate 2018, l'ennesimo viaggio in Grecia. Non li conto più ormai, significherebbe misurare una febbre appassionata. Quest'anno io ed Angela abbiamo scelto di girovagare per le Cicladi. Usare il termine navigare sarebbe esagerato: noi il mare lo aduliamo, al confine, sulla battigia, senza mai averlo vissuto fino in fondo. Sfruttiamo lo scafo solo per spostarci, di terra in terra, per cambiare punto d'ammirazione.
Quest'anno abbiamo scelto isole più intime, pacate, spontanee. Serifos è stata la prima. Mediterranea declinazione del termine selvaggio, indifferente alle apparenze della massa turistica. Silenziosa, ma anche capace di sibilarti con potenza nelle orecchie. È figlia d'un vento che non bada alla forma, fino a diventare rude, ispido.
Poi c'è Kimolos. Dimitris, il proprietario della nostra sistemazione, è fiero della denominazione del capoluogo - nonché unico centro -, Χοριό (Horiò). Questo è il termine corretto per indicare un villaggio nella lingua greca. Tutti i capoluoghi delle altre isole dell'arcipelago sono chiamati Χορα (Hora). Un termine impreciso, che trasmette solo generica appartenenza a una regione, a un territorio. Lo espone con un tono di suffcienza, quasi di compassione, che lascia ben intendere la questione.
Questa è un'isola di villeggiatura. I vicoli del paese sono pieni di bambini giocosi e di nonne che ogni tanto irrompono per riportare all'ordine i nipotini. É terra di gente che torna a far visita alle proprie origini. É l'isola del passato che risplende nel presente, proprio come la bianca perlite delle cave a ridosso di Prassa.
L'ultima tappa è Sifnos, terra di vasai. Il φλαρος (flaros) è il fiero emblema del posto, esposto quasi su tutte le abitazioni. Si tratta di un suggestivo comignolo, capace di assecondare qualsiasi capriccio del dio dei venti. La campagna è fertile e i suoi frutti sono il punto di partenza per la creazione di saporiti piatti. Pare che da qui provengano i migliori cuochi di tutta la Grecia.
Qui si respira più mondanità, il vento trasporta l'eleganza dell'accento francese. Tanti turisti l'hanno già scoperta. Ma, per sua fortuna, è tenuta ancora segreta a quelle moltitudini che hanno ridotto a cartolina altri punti dell'arcipelago.
«Gigante
tu non hai bisogno
delle mie acque.
Perché allora
queste ceffate?»
«Insegui la mia schiena
senza avermi mai scelto.»
Serifos è l'isola che ho amato di più. L'ho capito al ritorno, mentre ero sulla nave che mi avrebbe riportato al Pireo. Quella mattina ne ho approfittato per salire sul ponte di prua. Mi sono lasciato redarguire dal vento severo, mentre mi distraevo a guardare le sue coste. Serifos è una terra arida, ogni pianta che vi mette le radici viene bruciata dalla luce del sole e non cresce oltre il dorso d'una capra. Si spoglia davanti ai miei occhi, mi lascia ammirare le sue carni fatte di roccia. È come una donna nuda, distesa. Una donna vera, primigenia, dalle forme imperfette. Il fascino dell'imprecisione. Ruvido, ma tangibile erotismo.
A Serifos dedico questa raccolta fotografica, sebbene sia stata la meno ritratta.
Roccia nuda come una donna
Foto scattate con fotocamera analogica Pentax Spotmatic SP1000
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